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Eventi : Ferrari Days 2004

 
La cronaca di due giorni indimenticabili
 
 

Sono le otto di sabato 30 ottobre 2004 e con ben poco ottimismo attendo che nel corso del TG5 arrivi il consueto spazio meteo e compaia la cartina delle previsioni del tempo per il fine settimana. Eccola, finalmente: tra le tante nuvole nere, ce n’è una con tre o quattro strali pronti a precipitare al suolo che mi pare messa dal colonnello Giuliacci (quello del “buonasera!” e del “biro-biro”, per capirci) a mo’ di provocazione proprio su Monza. Memore dell’esperienza grossetana (ricordate la sfida tra l’EuroFighter Typhoon, pilotato da Maurizio Cheli, e la F2003-GA, guidata da Michael Schumacher, che si è svolta a dicembre 2003 all’aeroporto Baccarini di Grosseto «sotto una pioggia insistente e sopra un terreno paludoso», come scrivevo allora?), sono quasi tentato di telefonare a Giovanni, GGG, per dirgli che di prendere un’altra bronchite non ne avrei granché voglia. Quel “quasi”, però, mi tradisce, così non telefono, e alle dieci e mezzo, come previsto, Giovanni e Piero arrivano belli e pimpanti. Carichiamo tutto sulla mia macchina e partiamo: diluvio fin quasi a Milano, ma a Monza non piove. Anziché andare alla ricerca del nostro alloggio Bed & Breakfast, decidiamo di sfruttare l’insperata finestra di bel tempo e, dopo una breve deviazione per passare al centro di accreditamento – un tendone allestito dalla Ferrari per la consegna dei pass – entriamo nell’ autodromo. Giovanni e Piero mi costringono a subire un rito di iniziazione: piadina con salsiccia, peperoni, cipolle, ketchup e maionese, da trangugiare mentre si marcia fino all’ingresso del circuito. Dicono che è una prova di forza e di coraggio necessaria, e io cedo (ma la mia piadina subisce una “lieve” variante, giusto per salvaguardare qualche cellula epatica in più). Ingurgitato l’ultimo boccone con un sorso di Coca, che per quanto mi riguarda ha l’effetto dell’Idraulico liquido, siamo pronti a entrare. Al termine della camminata mi accorgo che non solo non piove, anzi è spuntato un timido sole e fa caldo! Penso: e se mentre il Giuliacci declive ci propina il suo mieloso “buonasera” qualcuno gli facesse “biro-biro”? Mah!

Le paturnie svaniscono in un attimo, e i nostri sensi vengono catturati da “urla agghiaccianti”: corriamo fino a raggiungere la recinzione della prima variante, incuranti della salsiccia che reclama un po’ di quiete per farsi digerire, e siamo immediatamente pervasi da una miscellanea indescrivibile di sentimenti di gioia e di compassione. Gioia perché è appena iniziata l’esibizione delle Formula 1 storiche, dalla Ferrari 500 del 1953 alla F2001, quelle cedute a pochi fortunati clienti; compassione perché la nostra è una sofferta partecipazione al dolore di quei motori ormai anziani, strapazzati da gentleman driver apparentemente incuranti del loro inestimabile valore. Piero, che fino a quel momento aveva articolato solo qualche suono gutturale, si rianima e inizia a dare il meglio di sé, e stupisce Giovanni e il sottoscritto sfoggiando con nonchalance una incredibile competenza storica e tecnica. Io godo guardando quei capolavori in pista e ascolto estasiato la storia della loro genesi, con il sottofondo di una sinfonia suonata da pistoni, cilindri e bielle di tutte le fogge.

Giovanni, come colto da un raptus, inizia ad aprire uno scrigno a forma di zaino, estrae teleobiettivi che destano l’attenzione di un militare in equipaggiamento antiterrorismo, inserisce un microdrive da 1 gigabyte, imbraccia un “monopiede” di alluminio che pare una canna di fucile (e il milite aggrotta le sopracciglia) e dopo una serie di click e clack inizia a sparare raffiche pacifiche… di foto! Piero ed io lo lasciamo in preda al delirio e ci avviamo verso il paddock, visto che nel frattempo è iniziata la lunga serie delle gare dell’Historic Challenge e del 360 Italia Trofeo Pirelli. Appena entrati nel recinto siamo letteralmente rapiti da una splendida Maserati MC 12, ma non facciamo a tempo a voltarci che i nostri sguardi si perdono nel piazzale retrostante agli stand, dove campeggiano due F430, una Enzo e altri esemplari da sogno, uno più bello e affascinante dell’altro.

Piero si fa immortalare a fianco di vetture leggendarie come la mitica “spazzaneve” e ogni volta che ci voltiamo da qualche parte vediamo bolidi che mostrano con orgoglio i segni indelebili di campioni che si chiamano Lauda, Prost, Regazzoni, Alesi, Alboreto...

È tale la nostra determinazione che entriamo e usciamo da ciascun box (in tutto sono presenti circa 900 auto!) senza che nessuno si ponga neppure il problema se “quei due” possano star lì oppure no. Dopo aver varcato le soglie di decine di vere e proprie officine in fermento, con meccanici intenti a compiere tutte le operazioni possibili, compresa un’affascinante messa a punto rètro con tanto di pistola stroboscopica, ci affacciamo a una specie di salotto: luce, pulizia, colori e odori finora non percepiti ci stordiscono.

Alziamo lo sguardo e davanti a noi si stagliano le sagome di quattro F-2004: siamo entrati di soppiatto nel box numero 1, quello occupato dalla Scuderia Ferrari Marlboro, collocato proprio al termine della pit lane! I meccanici sorridono e ci lasciano fotografare tutto ciò che ci piace, consapevoli e orgogliosi del fatto che questa festa è possibile anche grazie al loro prezioso contributo, professionale e umano.

Squilla un cellulare! Improvvisamente ci ricordiamo di aver lasciato Giovanni, qualche ora fa, alla prima variante, che non è proprio dietro la curva. Ci avviamo a passo svelto e quando lo raggiungiamo scopriamo che a forza di raffiche ha già consumato la quasi totalità di quel gigabyte che a me pareva inesauribile. «E per domani?» gli chiedo. Lui sogghigna sotto ai baffi e tira fuori con malcelata soddisfazione un altro microdrive da 1 gigabyte e aggiunge : «E poi c'è il portatile ...». Diavolo di un Giovanni; si è attrezzato con l’intenzione di riportarsi a casa un bottino di almeno 3000 foto (saranno 3850 alla fine)! Ricomposto il trio, ci rimettiamo in cammino e, dopo aver mosso i primi passi, decidiamo di tentare un’altra impresa al limite del credibile: entrare nel circuito dove di solito stanno i commissari di gara e gli uomini addetti alla sicurezza. In men che non si dica siamo già alla variante Ascari, e Giovanni, appoggiato al muretto che delimita la via di fuga, riprende a scattare.

La prima giornata sta per finire e ci avviciniamo all’uscita del circuito transitando ancora una volta dal paddock, giusto per scovare i dettagli più reconditi, perché se Giuliacci ha sbagliato le previsioni per oggi, non è detto che il miracolo si ripeta domani…

Cartine alla mano ci dirigiamo verso il nostro appartamento preso in affitto per una notte da privati che hanno deciso di improvvisarsi albergatori. Incontriamo nei pressi di un centro commerciale la figlia dei proprietari, che ci accompagna al nostro alloggio, ci consegna le chiavi, riscuote e ci dice di lasciar cadere il mazzo, l’indomani mattina, nella cassetta della posta. L’appartamento è arredato di tutto punto, suppellettili di pregio, argenteria a portata di mano, libri, vestiti negli armadi, frutta sul tavolo, dolci, marmellata e tutto l’occorrente per la colazione; ci guardiamo negli occhi ed esclamiamo all’unisono: «Questi sono dei pazzi!». E pensare che non ci hanno neppure chiesto un documento… Come (quasi) sempre accade, la fortuna aiuta i principianti, perché noi siamo dei “bravi ragazzi” e ci promettiamo di rispettare ciò che ci è stato incautamente affidato come se fosse roba nostra, ma ci verrebbe voglia di mettere in guardia i “neo imprenditori”, perché la prossima esperienza potrebbe essere fatale: chiunque riuscirebbe a portar via oggetti per migliaia di euro di valore senza che vi sia la minima possibilità di rilevare il furto, a meno che non sia stato fatto un minuzioso e altamente improbabile inventario!

Il pensiero svanisce in un lampo, Giovanni non perde tempo, apre il portatile e inizia a scaricare il suoi due dischi da un gigabyte di foto ciascuno, poi scrive qualche riga, cercando di vincere la resistenza della palpebra che si è fatta pesantissima. All’una e quarantacinque, grazie a una “potentissima” connessione GPRS, le prime 6 foto, selezionate a fatica tra mille, vengono sparate nella mailing list FerrariF1: nonostante l’ora (già, ma si torna all’ora solare, quindi si dorme un’ora di più!) qualcuno risponde e ringrazia, e questo segno di vita è una buona ricompensa per le fatiche ciclopiche di GGG, che finalmente decide di abbandonarsi tra le braccia di Morfeo.

Suona la sveglia e lo sguardo va al cielo prima ancora di dire buongiorno: Giuliacci, hai toppato anche oggi! Non c’è il sole, però non piove, e se la fortuna non ci abbandona è anche auspicabile che qualche raggio tremolante faccia capolino durante il giorno (magari proprio mentre c’è l’esibizione di Schumacher, Barrichello, Badoer e Bertolini, come pronostica Giovanni).

Lauta colazione, chiavi dell’appartamento nella cassetta della posta e via verso l’autodromo: la seconda giornata è appena iniziata e noi siamo allegri e pimpanti come bimbi in gita.

Arriviamo nei pressi del circuito e immediatamente ci rendiamo conto che non sarà facile muoversi come il giorno prima: l’affluenza è decuplicata e quindi pensiamo subito di conquistarci una posizione di privilegio da difendere con le armi bianche per tutto il giorno. Ci guardiamo attorno e in un batter d’occhio individuiamo la nostra meta: il tetto dei box! Saliamo le scale, ma prima di raggiungere la zona sovrastante la postazione della Scuderia Ferrari Marlboro notiamo un movimento nella zona sul retro, all’interno del paddock dove sono parcheggiati gli immensi motorhome della Ferrari. Rapida occhiata e comprendiamo immediatamente le ragioni di cotanto fermento: stano arrivando i piloti, Montezemolo, Ferrari, Todt e tutti gli altri componenti della squadra. Scattiamo le foto di rito, poi ci portiamo verso la balaustra dalla parte opposta, visto che dalle scale, forse per emulazione del nostro fiuto, continuano a salire decine di persone. Prendiamo possesso del territorio e decidiamo che da quel momento qualcuno dovrà sempre rimanere di guardia. Passano solo pochi minuti, tuttavia, e capiamo che la muraglia umana che si sta formando dietro di noi ci impedirà persino di muoverci; di andare in giro per il paddock prima della fine delle esibizioni neanche a parlarne, ovviamente (provvidenziale il tour de force fotografico del giorno prima!).

Pressati come sardine da fanciulli e fanciulle (contatto, quest’ultimo, non proprio sgradevole) ci gustiamo in sequenza le ultime gare in programma dell’Historic Challenge, le finali mondiali del 360 Challenge Coppa Shell e 360 Challenge Trofeo Pirelli, e il Trofeo Vodafone Maserati. Passano così cinque ore, e nemmeno ce ne accorgiamo, finché inizia la parata in pista della squadra in rosso: un corteo festante di meccanici, piloti, collaudatori e collaboratori guidato dai vertici di Maranello delle divisioni GES e GIN che percorre a piedi la pista davanti alle tribune centrali, proprio calpestando la griglia di partenza. È un tripudio di colori e di trofei mostrati al pubblico in visibilio, preludio all’esibizione che si svolgerà di lì a poco. Luca di Montezemolo sorride a tutti, firma magliette e si concede come un vero divo, trascinando con sé anche il meno disinvolto Piero Ferrari persino sulla piattaforma per la TV!

Nel mezzo della festa, un piccolo aereo sorvola la pista a bassa quota e istintivamente voltiamo lo sguardo verso i militari che presidiano il tetto del fabbricato posto tra le due tribune, sul lato della pista opposto al nostro. Qualcosa sta per succedere, ma non comprendiamo granché, visto che gli uomini in mimetica osservano il velivolo con un cannocchiale, poi usano una ricetrasmittente… L’aereo compie un nuovo sorvolo e noi non sappiamo se da qualche parte verrà sparato un missile terra-aria, invece, tra lo stupore generale, sei parà si lanciano verso la pista, e ciascuno di loro porta un enorme bandiera con gli stemmi della Ferrari, della Maserati e di altre aziende del gruppo. Un bel colpo di scena.

I meccanici e i piloti, infine, si schierano dietro alle quattro regine per la foto di rito, poi, finalmente, esplodono tutti assieme i 40 cilindri in un rombo assordante che fa vibrare il solaio e le nostre vene. Inizia il carosello e a ogni giro una vettura si ferma proprio sotto ai nostri occhi per una simulazione di pit stop: le lunghe ore di attesa sono volate, e scompaiono per incanto la stanchezza e la fame. È davvero straordinario poter ammirare la perfezione e la coordinazione dei meccanici da un punto di osservazione “aereo”, collocato proprio sulla verticale ideale che sale dalla testa del pilota. Che altro può mancare per suggellare una giornata così speciale? Ah, Barrichello! Il nostro Paperino ne ha combinate delle sue: prima è riuscito a far spegnere il motore della sua vettura mentre tentava di realizzare dei testacoda davanti alle tribune, e ha dovuto subire l’onta di arrivare allo schieramento finale a… spinta! Poi ha tentato di lanciare in tribuna il suo sottocasco, come hanno fatto i colleghi, ma la rete per lui è stata un muro di gomma, alla stessa stregua della vittoria nel Mondiale piloti (forse è irrispettoso che io dica chi ha aiutato Rubens a compiere la ciclopica impresa del lancio, per cui taccio).

Dimenticavo: i raggi di sole pronosticati da Giovanni sono usciti per davvero!

La festa finisce con un caloroso arrivederci alla prossima stagione e noi, esausti eppure paghi, iniziamo a raccogliere le nostre cianfrusaglie. Giovanni, tra l’altro, ha un barlume di lucidità e si ricorda che non abbiamo neppure pranzato (chi l’avrebbe mai detto: è un ragazzo attento ai dettagli!), tuttavia è affamato ma gongolante, perché ha esaurito di nuovo i due gigabyte di foto e la sua attrezzatura milionaria (in lire intendo, perché in euro non esiste ancora un termine che renda a pieno l’idea) ha superato l’immane prova di resistenza.

Percorriamo a ritroso il paddock, come per fissare nella memoria tutto ciò che abbiamo scandagliato in due giorni, e ci avviamo verso la macchina, parcheggiata in un punto strategico per evitare la coda in uscita dall’autodromo. Coda che, puntualmente troviamo nel tunnel che passa sotto alla pista. Io mi avvio senza esitazione, però Giovanni resta un po’ indietro e dice che sarebbe meglio allungare la strada e aggirare il budello per evitare lo smog della galleria (saranno sì e no 50 metri!). Già, lo smog: ma non abbiamo trascorso le ultime sette ore proprio sopra alla pit lane, immersi nei vapori allucinogeni trasudati dai mostri rossi fiammanti? Quell’aroma indimenticabile ancora mi pervade le narici, così, senza neppure rispondere a Giovanni, inizio a muovere la cinquantina di passi in apnea: ebbene sì, hai proprio ragione Giovanni, l’odore dei volgari gas di scarico è ben altro effluvio…


Massimo Binelli

 

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